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Keep Calm & Food Rehab

Mariachiara Montera – Maricler

 

Mariachiara Montera – Maricler

Da qualche anno mi occupo di recensioni gastronomiche: visito i ristoranti, assaggio i piatti, pago il conto, e scrivo un racconto con giudizio dell’esperienza, che viene poi pubblicato su testate web o guide cartacee. Se per molti questo è uno tra i lavori più invidiati del mondo, vorrei raccontare alcuni retroscena della professione che ne rivelano il lato meno piacevole, ai limiti dello splatter.

Due premesse doverose: la prima è che ci sono critici e critici. Antiche leggende narrano di persone che di fronte a capolavori di sorprendenti cuochi ne abbiano assaggiato una sola, piccola porzione, per poter godere con leggerezza dell’esercizio della critica.
A me l’esercizio non mi ha mai sfiorato per il cervello – forse una volta, avevo 17 anni e un’amica mi ha trascinato a lezione di step: io sono una di quelle a cui il cibo piace assai, e quando mi siedo a tavola, che sia o no per lavoro, amo mangiare tutto, per curiosità e fame.
Poi, se credete che girare per ristoranti di alto livello equivalga a cibarsi di rugiada di pomodoro e ostie di salmone, la grassa verità è un’altra: la nouvelle cuisine non esiste più e con la quantità d’olio usata dai cuochi in una settimana si potrebbe preparare un pinzimonio per l’intera popolazione della Lombardia.

Piatto di zuppa

Seguono quindi esempi veri, truci, storie vere di ordinaria follia gastronomica.

* Primo imperativo: assaggiare tutto (anche il vassoio di gelato alla crema) In provincia di Brescia esiste questo ristorante, il Miramonti l’Altro: lo gestisce l’affascinante Philippe Léveillé che della Francia ha conservato l’accento e l’affetto per il burro. A fine pasto, dove per pasto si intende una successione di portate grondanti abbondanza, il cameriere si presenta con un vassoio d’argento su cui è appoggiata una montagnetta di gelato alla crema: lì per lì credi che sia uno scherzo, poi un’allucinazione, alla fine ti arrendi e indichi quanto ne vuoi. Da vero critico, devi assaggiare di tutto. Il gesto è quasi drammatico, le conseguenze sono memorabili.

Bigne ricoperti di cioccolato

* Quando il cuoco ti conosce
Se lavori in questo settore capita che a cena in un ristorante un cuoco voglia farti assaggiare i suoi nuovi piatti, perché si fida del tuo giudizio. Il buco spazio-temporale tra la quantità di cibo cucinato dallo chef e la tua capacità di digestione è oggetto di dibattiti alla NASA, altrimenti non si spiegherebbe la sequenza martellante di piatti che sì, evidenziano la crescita e la creatività dello chef ma allo stesso tempo affossano le possibilità che hai di alzarti dignitosamente da quel tavolo. A quel punto, tanto vale rimanerci seduto a oltranza.

* Una, due, quattro volte alla settimana La chiusura delle guide segue pari pari lo schema delle interrogazioni al liceo: sai da un mese che quel giorno verrai interrogato ma è solo il giorno prima che apri il libro e pretendi di assorbire l’intero capitolo. A un mese dalla consegna delle schede, realizzi che te ne mancano ancora quaranta, e a quel punto puoi 1. Subappaltarle (scherzo) 2. Mangiare fuori più spesso di quanto il buon senso suggerirebbe. Ho visto critici mangiare un antipasto e un primo in un ristorante e secondo e dessert in un altro, durante lo stesso pranzo. Certo, alla fine le schede vengono consegnate, insieme a una maglietta con su scritto Keep Calm & Food Rehab!

Piatto affettati misti

Queste sono alcune tra le cose che vi possono succedere se lavorate come critici culinari: allora, sicuri di voler procedere?

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